Chi dei tre è il soldato? Solo l’ex Marine che ha servito la patria in Iraq e in Afghanistan e che ora racconta il fronte nei suoi romanzi? Chi l’eroe? Il medico che in ospedale ha affrontato e gestito l’emergenza Covid, visto morire centinaia di persone, usato parole di conforto per i familiari delle vittime, asciugato le lacrime dei colleghi? Chi il reduce?
L’intellettuale colpito dalla malattia che per due mesi è stato ricoverato, intubato, ed è guarito? Tre veterani — lo sono certamente — si confrontano sugli orrori a cui hanno assistito, discutono di pandemia, della parola guerra, di responsabilità personali e conseguenze collettive. Eccoli: Elliot Ackerman, tra gli scrittori americani che meglio hanno saputo raccontare i soldati in missione (è in uscita da Longanesi il suo nuovo romanzo, Aspettando il cielo, e ancora una volta, attraverso storie di soldati, tocca temi universali come fedeltà, amore, lealtà); Sergio Harari, pneumologo all’ospedale San Giuseppe MultiMedica di Milano e professore di Clinica Medica all’Università degli Studi di Milano; Giulio Giorello, filosofo, epistemologo, professore di Filosofia della scienza sempre alla Statale, autore di numerosi saggi. Chi di loro ha più diritto di parlare di conflitti? Di certo hanno combattuto. E pacificamente concordano su un punto: è tempo di ridefinire il significato di guerra. Il coronavirus, in questo senso, può aiutare.
Gli interlocutori
Elliot Ackerman è nato a Los Angeles il 12 aprile 1980. Ha vissuto a Londra e a Washington, si è laureato e specializzato in Relazioni internazionali alla Tufts University (Medford, Massachusetts). Nel 2003 si è arruolato nei Marine, dove ha trascorso otto anni. Ha
combattuto in Afghanistan e in Iraq ed è stato decorato con la Croce di bronzo al valore militare. Dopo aver vissuto a Istanbul con la moglie e i figli, è tornato negli Stati Uniti. Scrittore e giornalista, ha esordito come romanziere nel 2015.
Giulio Giorello (Milano, 14 maggio 1945, al centro) è docente di Filosofia della scienza all’Università degli Studi di Milano, dove ha conseguito due lauree: in Filosofia nel 1968 (sotto la guida di Ludovico Geymonat) e in Matematica nel 1971. Collabora con il «Corriere della Sera» come Sergio Harari (Milano, 29 luglio 1960, sotto), pneumologo, direttore dell’Unità operativa di Pneumologia, di Medicina interna e del Dipartimento di Scienze mediche dell’ospedale San Giuseppe MultiMedica di Milano. Harari è professore di Clinica Medica all’Università degli Studi di Milano
L’incontro
I tre interlocutori si sono incontrati (virtualmente) nel pomeriggio di lunedì 1° giugno per parlare di guerra e di guerre dal loro punto di vista personale: quello di un ex Marine che ha combattuto davvero sul campo di battaglia, di un malato che ha lottato contro il coronavirus rimanendo per due mesi in ospedale, di un medico che si è trovato ad affrontare l’emergenza Covid-19 da dottore, dovendo prendere decisioni difficili, ma anche da paziente, avendo contratto egli stesso il coronavirus (è rimasto per due settimane in isolamento). Ne è nata una conversazione sui diversi significati della parola guerra.
©Corriere della Sera - LA LETTURA | Domenica 7 giugno 2020 - tutti i diritti sono riservati