10 Aprile 2025
Caos USA, salviamo la sanità
Gli effetti e le cure. Le politiche della nuova amministrazione mettono in crisi la salute e la ricerca mondiale. La Ue deve reagire.
Scena prima. Congresso medico internazionale, incontro un importante collega americano: “Ciao Fernando che piacere rivederti, come va?”, “Grazie io sto bene ma lunedì la mia università lascia a casa 2.000 persone”.
Scena seconda. Sono in visita ai laboratori dell’Università Paris-Saclay, una delle migliori d’Europa. Mi presentano una giovane dottoressa americana che è lì per un progetto di ricerca della durata di alcuni anni ma il contratto, dopo le nuove disposizioni di Trump, non le è stato rinnovato, così l’università francese ha colto l’opportunità e con una procedura prioritaria l’ha finanziata direttamente. Paris-Saclay ha recentemente avviato un programma di contratti di dottorato e soggiorni di varia durata per i ricercatori americani.
Scena terza. A maggio devo recarmi a un importante congresso scientifico americano, scrivo una mail a un vecchio amico e collega che lavora al National Institute of Health (NIH), una delle più prestigiose istituzioni al mondo (dove lavorava anche Anthony Fauci fino a pochi mesi fa), per combinare di vederci. Risposta: “Mi spiace ma al momento il governo non ci ha ancora autorizzati a muoverci, non so se quest’anno potrò partecipare al congresso”.
La tempesta che il presidente Trump ha scatenato sta sconvolgendo anche tutto il mondo scientifico e sanitario. Il rilievo delle attività di ricerca e del lavoro dei colleghi americani va ben oltre il loro Paese e ha ripercussioni ovunque. Pochi giorni fa 2.000 scienziati membri delle Accademie Nazionali delle Scienze, dell’Ingegneria e della Medicina, tra i quali vincitori del Premio Nobel, hanno lanciato un grido di allarme sullo stato della ricerca scientifica negli Stati Uniti. In una lettera aperta al popolo americano, i firmatari hanno espresso preoccupazione per le politiche dell’amministrazione Trump che, a loro parere, stanno minando le attività scientifiche della nazione. Questi ricercatori, pur di diverse opinioni politiche, hanno sottolineato il loro impegno condiviso nel proteggere l’indipendenza della ricerca scientifica e hanno descritto la situazione attuale come un "attacco" alla scienza statunitense.
Nel lasciare in questi giorni la Food and Drug Administration, ente americano fondamentale che tra le sue varie funzioni ha anche quella di valutare l’immissione in commercio di nuovi farmaci, Peter Mark, il capo della divisione che gestisce le attività sui vaccini, ha scritto nella sua lettera di dimissioni: “E’ diventato chiaro che la verità e la trasparenza non sono desiderate dal Segretario (Robert Kennedy), ma piuttosto egli desidera una conferma subordinata alle sue informazioni errate e alle sue bugie”. La goccia che ha fatto traboccare il vaso di Peter Mark è stata la richiesta del neoministro no-vax della sanità (ricordate quando nel novembre 2021, a pandemia ancora in pieno corso, venne a Milano ad arringare la folla contro i vaccini?) di promuovere una ricerca sulla relazione tra vaccini ed autismo, una bufala arcinota da anni che è costata al suo autore la ignominiosa radiazione dall’ordine dei medici inglese per corruzione.
Lo tsunami che sta travolgendo i mercati rischia anche di sommergere il mondo scientifico, per questo bisogna reagire e farlo rapidamente. La proposta di un ambizioso progetto di “Rebrain Europe” avanzata da Roberto Battiston (Corriere 26 marzo) merita di essere rilanciata e promossa con coraggio e lungimiranza. Si tratta non solo di cogliere una opportunità (Paris-Saclay insegna) ma anche di proteggere il nostro futuro. Se in pochi mesi, con un impegno collettivo straordinario, abbiamo avuto la disponibilità dei vaccini per il Covid, è stato grazie ai progressi della ricerca, se arretriamo, fermiamo il progresso della scienza ed ipotechiamo il nostro futuro.
Ma non basta. Un altro incubo si sta affacciando: la minacciata introduzione di dazi e barriere anche sui farmaci. Già la sanità americana ha una organizzazione tutta privatistica e costosissima, con grandissime disuguaglianze sociali nell’accesso, i dazi sui farmaci potrebbero avere un effetto devastante. E come abbiamo imparato, la salute è ormai un sistema globale, quello che accade in un altro Continente non può non interessare anche noi domani, e non solo per le ripercussioni sulla nostra economia.
Quella che ormai sta diventando una economia di guerra in un mondo impazzito, rischia di mettere in crisi la salute e la ricerca mondiale, l’Europa ha il dovere morale e politico di rispondere e ha tutti gli strumenti per poterlo fare, deve però essere capace di una visione che sappia guardare oltre il particolare sviluppando in tempi brevi un piano strategico che colga questa straordinaria opportunità anche di rilancio economico. Sono tantissime le aree dove poter sviluppare sinergie trasversali, prima di tutto quella dell’intelligenza artificiale applicata alla medicina in una visione “One-Health”, che può avere successive declinazioni in tantissimi settori. Bisogna però agire oggi, non domani.